“In pericolo non c’è la Terra, bensì la civiltà umana. Il vero nodo della questione è rappresentato dall’instabilità delle dinamiche socio-economiche e ambientali creata dall’uomo con conseguenze per l’intero sistema” ha evidenziato il direttore scientifico del Wwf Italia, Gianfranco Bologna
Promuovere una corretta informazione sulle variazioni climatiche e le loro ripercussioni sulla vita del nostro Pianeta, ma anche adottare le necessarie soluzioni suggerite dal mondo della scienza e della ricerca. Un appello rivolto ai numerosi giovani studenti dell’Ateneo catanese e ad alcune classi di istituti superiori da parte di docenti universitari ed esperti del settore nel corso dell’incontro-dibattito su "Cambiamenti globali e cambiamenti climatici. Situazione e proposte. Verso la Conferenza Parigi 2015 sul clima (COP21)”, che si è svolto stamattina nei locali della Città della Scienza.
Un evento, organizzato dall’Università di Catania e dal Wwf, aperto dal rettore Giacomo Pignataro, il quale ha evidenziato come “l’eccesso di consumi dei decenni scorsi ha causato enormi danni all’ambiente, seppur sostenuti dalla richiesta di benessere della popolazione mondiale”. “Negli ultimi anni – ha aggiunto il rettore – è maturata in campo politico una nuova coscienza ambientale mirata a cambiare metodi di vita suggeriti in particolar modo dalla scienza e dalla ricerca nel pieno rispetto dell’ambiente. E’ incoraggiante, comunque, constatare che le nuove generazioni mostrano una maggiore consapevolezza ed una profonda coscienza etico-sociale su questo tema, rispetto a quelle passate”.
“Non a caso – ha spiegato Agata Copani, responsabile della Città della Scienza, alla presenza anche dei docenti Josette Immè, Antonietta Rosso e Rossana Sanfilippo - la giornata di oggi mira a sensibilizzare gli studenti su queste tematiche rilevanti per tutta l’umanità analizzando le ripercussioni del global warming e degli eventi atmosferici estremi sulla vita del Pianeta”, ciò in vista della Conferenza internazionale di Parigi 2015 sul Clima e dalla Marcia Globale per il Clima (che si terrà anche nella città etnea domenica 29 novembre).
Sul tema è intervenuto il direttore scientifico del Wwf Italia, Gianfranco Bologna, il quale ha precisato “proprio per sgombrare il campo da dubbi” che “in pericolo non c’è la Terra che vive ormai da 4,6 miliardi di anni, bensì la stessa civiltà umana”. “Il vero nodo della questione è rappresentato dall’instabilità delle dinamiche socio-economiche e ambientali creata dall’uomo con conseguenze per l’intero sistema – ha aggiunto Bologna – occorre ricordare che oggi il Pianeta è abitato da 7 miliardi di persone, mentre nel 1750, ad inizio della rivoluzione industriale, erano appena 800 milioni. E’ chiaro che lo sviluppo demografico e le richieste di consumi hanno creato enormi danni ambientali e globali che richiedono interventi sulla dimensione ambientale e sociale”. Proprio sulla pressione antropica si è soffermato il docente di Geografia culturale, Salvatore Cannizzaro, il quale ha sottolineato che “dalla rivoluzione industriale ad oggi, per sostenere la popolazione mondiale in continua crescita, si è fatto ricorso al consumo sempre maggiore di materie prime e di energie per garantire il riscaldamento, i trasporti e la produzioni di beni materiali”.
Ma anche i mari ed in particolar modo il mar Mediterraneo “soffrono” la pressione antropica ed i conseguenti cambiamenti climatici. Per Franco Andaloro, dirigente di ricerca a capo del dipartimento “uso sostenibile delle risorse” dell’Ispra, “il riscaldamento del mar Mediterraneo sta causando forti cambiamenti nella biodiversità con riflessi economici e antropici e tra gli effetti principali e più visibili vi è la tropicalizzazione ovvero la crescente presenza di specie aliene tropicali e sub-tropicali, ben 92 quelle registrate negli ultimi anni, nel Mediterraneo”.
“Alla tropicalizzazione occorre aggiungere i fenomeni dell’aumento della biomassa delle specie mediterranee termofile che vivono nelle acque più calde del bacino, l’asincronismo di due specie che prima coesistevano e, ancor più pericoloso, l’effetto della modificazione delle correnti marine che alterano il trasporto dei nutrienti causando il collasso del pesce azzurro nello Stretto di Sicilia – ha spiegato Andaloro -, ed ancora l’aumento dell’acidità delle acque che danneggia i molluschi ed i ricci e gli eventi meteo-marini abnormi che hanno causato frane ed alluvioni con trasporto di fango in mare”.
“Al di là delle soluzioni suggerite nel corso della prossima conferenza di Parigi – ha aggiunto Andaloro – su scala territoriale e locale appare necessario adottare i criteri della mitigazione e dell’adattamento come l’early warning per le specie aliene tossiche e del recupero-restauro ambientale”.
Alfio Russo, Ufficio Comunicazione e Stampa - Università di Catania